Cos’è il parent training?
Intervento nato nell’ambito dei disturbi del comportamento infantile. I genitori sono agenti di primaria importanza nello sviluppo dei figli e deve essere fornita loro l’opportunità di cambiare il modo di interagire e promuovere lo sviluppo di comportamenti positivi.
Si propone di modificare lo stile relazionale e gli atteggiamenti che influiscono negativamente sui comportamenti dei bambini. I fattori che hanno contribuito all’affermarsi di tale modello sono:
- Fondamento empirico e sperimentale: analisi comportamentale, uso di un linguaggio che fa riferimento a eventi concreti; l’efficacia viene valutata con misurazioni ripetute; i genitori possono verificare i risultati delle loro strategie ed eventualmente modificare queste ultime.
- Risultati positivi che produce
- Centralità della relazione genitore-bambino
Si può spostare l’attenzione dal rimedio alla prevenzione, cioè molti problemi possono essre contenuti se i genitori ricevono un valido supporto psico-educativo.
Nell’affrontare un particolare problema, lo psicologo non potrà limitarsi all’analisi del comportamento e all’indicazione di modelli educativi che sostituiscano le modalità non corrette di gestione del rapporto, ma dovrà altresì ricorrere ad altri strumenti, come le griglie strutturate e le registrazioni sistematiche.
L’analisi comportamentale delle interazioni educative
L’analisi comportamentale per molto tempo ha escluso il coinvolgimento dei genitori, privilegiando come setting dell’intervento lo studio dell’analista.
Ma col tempo ci si è resi conto che quando si studiano gli effetti di variabili come l’attenzione sociale, i contatti affettivi, le espressioni verbali, sembra utile coinvolgere i genitori.
Questa ottica comporta:
- insegnare ai genitori i principi operanti
- osservare e registrare cosa succede
Tutti i comportamenti sono il risultato internazionale dell’individuo e vengono analizzati in relazione alle variabili antecedenti e conseguenti che li influenzano in maniera contingente.
L’attenzione viene posta principalmente sui comportamenti osservabili e sulle condizioni contingenti in cui si manifestano. Un rilievo particolare viene dato al contesto sociale prossimo e alle interazioni con gli adulti significativi.
L’azione educativa è resa efficace per mezzo dell’insegnamento sistematico dei principi comportamentali. L’insegnamento pratico risulta molto più vantaggioso dei metodi verbali. Un coinvolgimento diretto dai genitori è da preferire: l’insegmnamento di abilità è più utile della semplice trasmissione verbale dei contenuti. È importante non trascurare di rinforzare ogni successo che il genitore ottiene. Anche altri metodi di insegnamento sono utili, come il modeling ed il role play, i supporti audiovisivi, gli homeworks, i manuali di autoistruzione.
Vi sono tre modelli di intervento:
- consultazione individuale: il singolo genitore o la coppia si rivolge allo specialista con il fine di affrontare uno specifico problema del bambino
- situazione strutturata: prevede un contesto estremamente controllato per osservare e modificare le interazioni genitore-bambino.
- Gruppi educativi: coinvolgono più genitori in cicli di incontri che variano per durata, contenuti e tecniche utilizzate.
Un aspetto innovativo di questo approccio è la realizzazione dell’intervento in contesti naturali. Nell’ambiente familiare vengono condotte le osservazione, con un’analisi dettagliata del comportamento del genitore, del bambino e delle loro interazioni.
Il setting terapeutico presenta alcune peculiarità rispetto al contesto familiare, come una elevata strutturazione, necessaria per facilitare i comportamenti attentivi del bambino o per controllare che le conseguenze siano efficaci. Il contesto familiare fornisce opportunità più ricche ma anche più variabili.
Se il comportamento deve essere modificato, l’intervento deve avere luogo quando e dove il comportamento stesso si manifesta.
Disegno a inversione:
- baseline: il comportamento viene osservato in modo da ottenere una misurazione che funga da riferimento (A)
- nella fase sperimentale viene applicato il trattamento (B)
- nella fase successiva si ripristinano le condizioni originarie. Se eliminando il trattamento il comportamento ritorna ai livelli precedenti si può ritenere che i cambiamenti siano conseguenti all’intervento (A’)
- l’intervento viene impiegato nuovamente se produce i cambiamenti che erano già stati osservati (B’)
Disegno a baseline multipli:
- si misurano più comportamenti in modo da ottenere più linee di base
- il trattamento viene inserito su un comportamento alla volta
- se i singoli comportamenti si modificano dal momento in cui viene attuato l’intervento, si ritengono influenzati dallo stesso intervento
Le linee di base possono valutare:
- differenti variabili in uno stesso soggetto
- la stessa variabile in soggetti diversi
- la stessa variabile in differenti situazioni
E’ necessario controllare il cambiamento e lo si può fare rispondendo a quattro quesiti diversi
- generalizzazione temporale: il programma produce cambiamenti duraturi?
- generalizzazione del setting: i comportamenti si presentano anche in altri contesti?
- generalizzazione del comportamento: i genitori sono in grado di utilizzare le strategie con più comportamenti?
- generalizzazione verso altri figli: le nuove strategie, sono adoperate anche con loro?
I programmi per l’autismo e i deficit di sviluppo
- PORTAGE:
Piano educativo globale per lo sviluppo del bambino disabile. Comprende sei aree: socializzazione, linguaggio, autonomia, livello cognitivo, livello motorio, stimolazioni infantili. L’intervento domiciliare viene suddiviso in tre momenti: discussione con i genitori, parte pratica, scambio di informazioni su eventuali problemi. Il programma non propone ricette da applicare rigidamente senza tenere conto della peculiarità della famiglia ma sono richieste al contrario ingegnosità, creatività e flessibilità per adattare le attività e trovare soluzioni personali.
L’azione di recupero diventa più dispendiosa e inefficace quanto più viene iniziata tardivamente. Un lavoro accanto alle famiglie richiede un’attenzione a molteplici aspetti quali:
- comprendere le problematiche nella loro globalità
- costruire una relazione di fiducia
- insegnare ai genitori ad osservare il comportamento del loro bambino
- essere sensibile ai cambiamenti
- YOUNG AUTISTIC PROJECT
Programma intensivo di Lovaas dalle seguenti caratteristiche:
- la concettualizzazione dell’autismo su base organica e la descrizione comportamentale dei sintomi
- la programmazione dell’intervento al fine di ampliare il repertorio dei comportamenti adattivi e di controllare quelli disfunzionali
- l’inizio precoce dell’intervento, che ha in fine di modificare l’ambiente in cui il bambino cresce, per rendere ottimali le condizioni di apprendimento nonostante le alterazioni neurofisiologiche
- trasferimento dell’intervento dall’istituzione ai contesti naturali
- programma intensivo che coinvolge il bambino e i suoi genitori in quasi tutti i momenti della giornata
La formazione degli operatori, degli insegnanti e degli educatori è una fase chiave del programma.
- TEACCH
Questo approccio pone al centro i bisogni psicologici dei genitori e la loro funzione di supporto ai programmi educativi e sottolinea il primato dell’educazione rispetto alla psicoterapia tradizionale. I familiari sono riconosciuti come esperti dei problemi del bambino, con una specifica competenza. Altri principi cardine:
- individualizzazione e flessibilità dei programmi, valutazione accurata delle abilità del soggetto
- apprendimento strutturato (ad es. organizzazione fisica degli ambienti, che può aiutare a decidere quale sia il comportamento opportuna da mettere in atto)
Le attività a casa sono precedute da due fasi:
- informativa
- diagnosi estesa (in questa fase i genitori possono osservare il lavoro di un operatore tramite uno specchio unidirezionale e commentare ciò che si sta svolgendo insieme ad un educatore)
Svantaggio sociale e disadattamento
Il disadattamento sociale e scolastico è correlato allo svantaggio socioculturale, alla povertà, a un basso q.i.
Il progetto più conosciuto per la prevenzione dei rischi connessi alle carenze socio-ambientali, è l’Head Start (cominciare dall’inizio), cui fece seguito l’Home Start.
Questo, coinvolgeva i bambini per otto settimane presso asili in cui erano proposte attività per lo sviluppo psicomotorio, cognitivo e del linguaggio. Partecipavano anche i genitori che miglioravano l’alimentazione e le condizioni igieniche a casa.
I limiti sono legati all’impossibilità di evidenziare benefici a lungo termine se non si mantenevano i bambini in un ambiente educativo di buon livello. La soluzione fu quella di coinvolgere in modo più sistematico i genitori (Bronfenbrenner: intervento ecologico).
Sembrerebbe che i parent training possano compensare le carenze della stimolazione dei primi anni di vita.
Lutzker propone un approccio “eco comportamentale” per insegnare agli adulti le abilità necessarie per accudire i figli ed evitare le difficoltà quotidiane che possono scatenare la negligenza e l’abuso.
Il programma è articolato
- training sulla relazione genitore-figlio per favorire la compliance
- __ __ sulle abilità di base
- pediatria comportamentale
- riduzione dello stress dei genitori
- problem solving
Il p.t. sarebbe un intervento settoriale limitato; modifica alcune attività dei genitori che incidono sullo sviluppo dei bambini.
Alcuni bambini presentano difficoltà di adattamento sociale. Oltre a non rispettare le regole comuni, possono mostrare reazioni sproporzionate agli eventi e indifferenza rispetto alle conseguenze dei propri comportamenti; non provano sentimento di rimorso. In alcuni casi si possono mostrare divertiti, compiaciuti.
Patterson propone un modello che analizza l’origine di questi problemi e che prende in esame gli effetti multipli di diversi fattori di rischio - ciclo della coercizione. I punti chiave di questo processo sono:
- influenza reciproca genitore-bambino
- effetti del rinforzamento negativo
- escalation di intensità dei comportamenti
Le interazioni familiari possono diventare un contesto per l’apprendimento di comportamenti antisociali.
Il p.t. si propone di rompere questo processo coercitivo, ma è necessario un intervento precoce.
Metodi inefficaci di disciplina:
- comportamento verbale del genitore
- ricorso alla punizione
- rinforzamento (nel caso in cui viene prestata attenzione ai comportamenti da eliminare)
- permissività
- incoerenza
I programmi preventivi hanno lo scopo di evitare che i comportamenti antisociali si sviluppino con i familiari e dopo si estendano a scuola con insegnanti e coetanei, dove sarebbe difficile recuperare i comportamenti antisociali. Non tutti i genitori rispondono al trattamento, perché non vogliono prenderne parte o perché il p.t. non risolve problemi sociali e psicologici che possono affliggere la famiglia.
Il p.t. di Patterson per bambini e ragazzi si propone di evitare il ricorso all’istituto, tentando la via del recupero sociale a partire dalla famiglia. L’intervento dura circa 4 mesi e si svolge in gruppo (20-30 ore. E’ previsto follow-up per il mantenimento a 3, 6 e 12 mesi dalla fine del programma).
Affronta 5 strategie:
- identificazione e osservazione dei comportamenti
- contrattazione delle contingenze, rinforzamento dei comportamenti positivi
- gestione dei comportamenti inadeguati secondo la loro gravità (costo della risposta,
time out)
- supervisione e controllo del bambino quando è lontano da casa
- problem solving e negoziazione
Oltre le tecniche: genitori come risorse
Le convinzioni dei genitori rispetto alle proprie capacità educative hanno una grande influenza sui comportamenti concreti con i figli. La funzione genitoriale comprende anche un sistema di idee e aspettative che influenzano il modo di agire. Gli psicologi comportamentali ritengono che molte interazioni sia fortemente complesse: lo sforzo empirico è quello di analizzarle in termini di scambi funzionali.
Autoefficacia educativa: possesso di capacità necessarie alla cura a all’educazione dei figli; esercizio valido del ruolo genitoriale. Si tratta di efficacia percepita, rappresenta un costrutto difficile da circoscrivere. Include diversi domini, strettamente interconnessi, come competenza e soddisfazione. Autori hanno proposto strumenti per valutarla: scala del “Senso di competenza della cura dei figli”.
Il senso dell’efficacia genitoriale sembra agire anche negativamente, in genitori che non si ritengono competenti.
Attribuzione delle cause agli eventi: le cause possono essere individuate all’interno o all’esterno dell’individuo e possono essere considerate transitorie o stabili. Comprendere quale sia l’orientamento cognitivo dei genitori è importante ai fini del cambiamento. Compito del consulente sarà quello di bilanciare in maniera realistica le aspettative riguardo i possibili successi ed il peso delle responsabilità degli adulti. È opportuno che la realizzazione de p.t. sia preceduta da una valutazione delle credenze e delle aspettative genitoriali che potrebbero essere di ostacolo al cambiamento.
Crtitiche al p.t.: pretesa che la soluzione tecnica come l’unica praticabile (porta ad accentuare passività dei genitori, attribuzione del fallimento a una errata attuazione del programma da parte dei genitori); condivisione dell’idea che il p.t. sia un rimedio proponibile per tutti i genitori, e sempre efficace.
Anche se un programma è focalizzato su comportamenti osservabili e circoscritti non viene escluso che il processo di cambiamento, per i bambini e i genitori, sia più globale e riguardi le emozioni, gli atteggiamenti e le modalità comunicative.
Il metodo comportamentale dà consigli pratici e insegna l’uso di tecniche che possono garantire un risultato positivo. La psicoanalisi lo critica: i metodi sembrano incidere solo a livello superficiale, trasformando i comportamenti senza rimuovere le cause inconsce all’origine del problema.
L’analisi comportamentale puntualizza che non sempre i programmi sono efficaci; vi sono condizioni in cui il p.t. non può dare risultati attesi o può essere sconsigliato.
L’obiettivo del professionista è quello di aiutare i genitori a riprendere il controllo della situazione a casa, insegnando loro come modificare antecedenti e conseguenti del comportamento del bambino.
Alle volte può correre il rischio di soffermarsi sugli aspetti tecnici fornendo ai genitori il programma ignorando l’individualità della famiglia.
Qualunque p.t. è collaborativo. Deve esistere un dualismo tra famiglia e professionista. Le potenziali barriere che lo ostacolano sono:
- credenze negative sui genitori
- trascurare il funzionamento della famiglia
- differenze razziali e culturali, nelle norme sociali, nei ruoli e nelle strutture familiari
- visioni discrepanti sulla funzione genitoriale
Storia internazionale genitore-bambino | Psicologo consulente |
Genitore esperto dei problemi del suo bambino | Esperto dei problemi clinici dello sviluppo |
Conoscenza unica della situazione | Conoscenze generali |
Messa in comune delle competenze Collaborazione Proposte ai genitori
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La relazione deve essere simmetrica e paritetica. Se i familiari possono essere ascoltati e possono esprimere le loro perplessità, aumenta la loro fiducia in relazione ai problemi educativi. L’efficacia di un approccio collaborativo riduce i conflitti e le incomprensioni, mentre aumenta l’impegno e la motivazione.
Il p.t. poggia sulla nozione di empowrment: promuove l’autonomia a partire dall’esperienza dei genitori stessi, stimolando la modificazione di atteggiamenti e la ricerca di soluzioni.
La Consulenza individuale
Auerbach: obittivi della consulenza educativa o parent education
- far conoscere i principali temi dello sviluppo infantile
- chiarire il ruolo e l’influenza che gli adulti possono svolgere
- aumentare la capacità di analisi delle situazioni ordinarie
Due approcci fanno da sfondo alla maggior parte degli interventi di parent education:
- counselling riflessivo: privilegia costrutti come l’empatia e la consapevolezza dei sentimenti
- approccio comportamentale: si sofferma sui comportamenti osservabili dei genitori per spiegare come influenzano quelli dei figli e viceversa
Sequenza tipica dei p.t.:
§ identificare il problema e descriverlo in termini comportamentali: l’indagine con i genitori (colloqui o test) consente di raccogliere molte informazioni. L’assessment funzionale privilegia la rilevazione diretta delle abilità e delle pratiche dei genitori e lo strumento principe è l’osservazione in contesti ecologici. Le routine familiari rappresentano un utile chiave di lettura delle interazioni tra genitori e figli; sono utili per l’individualizzazione dell’intervento.
- decidere quale problema affrontare per primo
- condurre un’analisi funzionale del problema: permette di scomporre le sequenze in:
§ eventi antecedenti
§ comportamenti del bambino
§ eventi conseguenti
§ situazione
- assicurarsi che i genitori possiedano abilità necessarie a svolgere l’intervento
- definire il piano dell’intervento: la fase operativa si realizza attraverso una negoziazione del piano dell’intervento
§ selezionare gli obiettivi (le attività procedono “a piccoli passi” e i cambiamenti non possono essere rapidi e completi)
§ discutere le alternative e scegliere le tecniche (in genere viene richiesta una combinazione di tecniche quali: fading, shaping, rinfiìorzamento, modeling, role playing)
- mettere in atto il programma: assessment dei rinforzatori, token economy
- registrare i progressi: monitoraggio e verifica (il genitore è il primo ad avere un feedback circa l’efficacia dell’intervento, sono effettuate periodiche osservazioni per controllare che gli eventuali progressi siamo duraturi)
- rivedere il programma se risulta inefficace
- assicurarsi della generalizzazione e del mantenimento del programma: tale punto spesso viene trascurato. Per quanto concerne il perdurare dei risultati nel tempo, i genitori devono sapere dell’importanza di continuare ad applicare le strategie educative
NB: una volta eliminato il problema originario, il rapporto con la famiglia dovrebbe cessare, anche se i genitori sanno che possono continuare a rivolgersi al consulente se subentrano nuove difficoltà.
I Gruppi Educativi
La mancanza di criteri rigorosi per documentare la validità e l’efficacia dell’intervento risulta essere un limite comune alla maggior parte dei programmi d’intervento.
La “fortuna” dei programmi di gruppo si deve al carattere informativo che spesso assumono e alla loro apparente economicità.
L’operatore che si appresta a programmare un parent training deve porsi una serie di quesiti:
- quali obiettivi si propone il programmare
- quanto può essere lungo e dettagliato il corso
- a chi è destinato
- ci sono in letteratura programmi che può essere utile consultare
- come verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti
Il gruppo offre ai genitori un contesto estremamente ricco e stimolante per condividere esperienze, aspetto positivo poiché normalizza difficoltà e preoccupazioni e aiuta ad affrontare situazioni critiche. Altri vantaggi sono:
- contributo dei diversi conduttori
- maggiore fiducia nei confronti delle procedure
- rinforzamento reciproco
- supporto di altri genitori
I limiti invece sono:
- di tipo organizzativi (trovare famiglie con caratteristiche analoghe)
- corrispondenza tra le finalità del programma e le esigenze dei genitori
- sovrapposizione con altri interventi attuati dai servizi del territorio
Non vi sono regole precise riguardo la dimensione del gruppo (minino 4-5 famiglie); numero ottimale varia tra i 5 e 8. prima di iniziare il programma è utile un contratto preliminare per evitare ambiguità. La composizione del gruppo deve essere il più possibile omogenea per età, caratteristiche dei figli e dei genitori. Le condizioni socioculturali e lo status coniugale sonole variabili più influenti.
In genere si prevedono da 4 a 10 incontri di circa 2 ore. I partecipanti devono conoscersi reciprocamente al primo incontro per sentirsi al proprio agio e partecipare attivamente. Un incontro settimanale è il modo ottimale per non diluire nel tempo il programma e consentire i genitori di lavorare a casa. Le ultime sessioni possono essere più distanziate per offrire l’opportunità di rendersi indipendenti. Ogni unità del programma affronta una specifica tematica (i contenuti cambiano in funzione degli scopi del p.t. e delle caratteristiche del gruppo) e viene articolata in tre momenti:
- parte teorica per illustrare gli aspetti generali dell’argomento (parte essenziale per introdurre gli argomenti chiave della modificazione comportamentale)
- parte pratica in gruppi meno numerosi destinata all’esercitazioni delle tecniche illustrate durante la sessione teorica. Alcuni genitori sono riluttanti a svolgerle ed è bene specificare all’inizio che tutti a turno saranno coinvolti.
- conclusioni che richiamano il tema dell’incontro e assegnazione degli homeworks da realizzare a casa; i loro vantaggi riguardano la trasmissione dell’idea che il cambiamento a casa non è un effetto alone della partecipazione ma richiede un impegno concreto; contestualizzazione dei contenuti alle circostanze reali di vita
Un conduttore per essere efficace deve assumere diversi funzioni:
- fornire supporto
- fornire empowerment per rafforzare il senso di efficacia genitoriale
- insegnare evitando però un ruolo esclusivamente didattico
- interpretare e tradurre i concetti in applicazioni concrete
- condurre e provocare il gruppo
- anticipare i problemi futuri
La valutazione dei risultati può avvenire a più livelli:
- efficacia percepita: gradimento per il programma realizzato rilevato da questionari in forma standard
- acquisizione di conoscenza su temi psicologici, tecniche di modificazione comportamentale, caratteristiche di una sindrome
- comportamenti educativi osservati nel contesto delle interazioni familiari che consentono di accertare l’applicazione concreta delle tecniche
- misure indirette dei cambiamenti che il programma ha indotto invariabili quali lo stress e l’autoefficacia dei genitori
Un programma senza misurazioni di follow-up non consente di fare affermazioni generali. Gli strumenti disponibili per la valutazione del p.t. sono pochi. E’ preferibile un atteggiamento cauto da parte dell’operatore e ricorrere a più strumenti di valutazione.
CONCLUSIONI
L’efficacia dei programmi sembra indubbia quando i problemi del bambino sono specifici e circoscritti.
- Bambini con ritardo evolutivo: risultati miglioro con interventi precoci e globali
- Bambini autistici: non è possibile generalizzare i risultati
- Bambini con disturbi della condotta: affrontarli diventa più difficili con l’aumentare dell’età e dei contesti in cui i problemi si presentano
Genitori:
- importanza della loro percezione riguardo l’efficacia del p.t.
- devono avere lo stesso punto di vista del consulente per gli scopi e gli obiettivi
- devono poter discutere con il consulente su alcune questioni personali (sentimenti, dubbi)
- devono essere incoraggiati
Problemi del p.t.
- i genitori interrompono i colloqui
- insufficiente partecipazione
- mancanza di puntualità e precisione
- non si verifica il mantenimento dei risultati
NB: il terapeuta non deve dimenticare che il p.t. non è risolutivo di tutti i problemi familiari ma è un intervento mirato e circoscritto alle abilità di gestione del rapporto educativo.